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IL DECRETO SULLA SICUREZZA

Infortuni sul lavoro la patente alle aziende parte già con lo sconto

 

Non passa alla Camera l’accordo Calderone-sindacati sulle modifiche Lontano il reato di omicidio nei cantieri, Nordio insedia una commissione

ROMA — «Hanno giocato a dadi con la vita dei lavoratori». Un commento amarissimo. Arriva dai banchi dell’opposizione, dopo ore di discussione in commissione Bilancio alla Camera. Il pacchetto di norme per la sicurezza sul lavoro, inserito nel decreto Pnrr, è chiuso. Oggi arriva in aula. Poi sarà blindato al Senato. Ci sono conquiste, vero. Ma anche l’amarezza per l’ennesima occasione persa. Mentre a Suviana i soccorritori in acqua cercavano di salvare vite, a Roma il governo abbassava da 10 a 2 i punti persi dalle imprese sulla patente per le inabilità temporanee dei lavoratori. E da 15 a 8 per quelle permanenti. Numeri poi parzialmente ritoccati. In un Paese con 3 morti e 570 infortuni in media al giorno. Oltre mille morti e 200 mila infortuni all’anno.

Le conquiste

Esulta il Pd con le altre opposizioni per l’estensione a tutti i lavoratori in subappalto della parità non solo economica, ma anche normativa rispetto ai colleghi in appalto. Significa stessi minimi contrattuali, ma anche stessa formazione, stessi riposi e ferie. Definiti nei contratti nazionali firmati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative. Fuori i contratti pirata, anche qualora fossero «i più applicati»: questo voleva il governo. «Era una richiesta forte che ci arrivava dai sindacati, ma anche dalle imprese oneste», racconta Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro del Pd e deputata. Nel testo finale viene accolta anche l’idea che una sanzione tra 6 mila e 12 mila euro alle imprese che se ne infischiano delle norme sulla sicurezza e anche della nuova patente a punti che partirà il primo ottobre era davvero poco. Quella sanzione sarà pari al 10% del valore dei lavori, con l’esclusione per sei mesi dai lavori pubblici.

Le ombre

Spicca però anche quello che non c’è. Il divieto al massimo ribasso e al subappalto a cascata. L’introduzione del reato di omicidio sul lavoro e di una Procura nazionale ad hoc. L’estensione a tutti i settori, non solo l’edilizia, della patente a punti. Anzi il tema della patente alla fine trasforma la discussione parlamentare in un suk. Volano riformulazioni con punti persi dati quasi a caso, come detto. Dopo le proteste, anche del M5S, il governo accetta di introdurre il -10 per le malattie professionali. Di portare da -2 a -5 il taglio per le inabilità temporanee (ma dimezzato rispetto al testo entrante). E sdoppia poi la situazione delle inabilità permanenti: quelle parziali a -8 e quelle totali a -15. La morte vale -20. La patente parte da 30 punti e si lavora solo con 15.

 

Una lotteria.

 

Per avere la patente basta l’autocertificazione: se l’azienda mente, viene revocata per 12 mesi. Ma intanto lavora. I punti si scalano solo con una sentenza passata in giudicato, con l’ordinanza o l’ingiunzione del giudice. Non subito quindi, visti i tempi della giustizia. L’Ispettorato può sospenderla fino a 12 mesi, se c’è morte o inabilità grave. L’obbligo di patente vale solo per le imprese che hanno la Soa di primo e secondo livello, un’attestazione per fare lavori pubblici complessi. Non serve per lavori da 516 mila euro. Ma poi, e questo è il punto più dolente, il testo finale dice come si perdono i punti, non come si recuperano. Tutto demandato a un decreto ministeriale, senza sentire né le parti sociali né il Parlamento. «Una delega in bianco, inaccettabile», dice Guerra. «La battaglia continua», aggiunge Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil. «La patente non ci convinceva prima, non ci convince ora. Quante Brandizzo servono ancora?».

 

La congruità

Il punto più controverso dell’intera discussione arriva alla fine. La ministra del Lavoro Marina Calderone era pronta a far passare anche un’altra richiesta dei sindacati. Correggere cioè il testo iniziale sulle sanzioni al committente (e non solo alla singola impresa edile), se l’impresa non ha il Durc di congruità, il documento obbligatorio che dice se l’azienda ha un numero di addetti congruo per svolgere l’appalto. Per il governo la sanzione scattava da 150 mila euro di lavori nel pubblico e da 500 mila nel privato. Così è rimasto, perché l’emendamento delle opposizioni che azzerava il limite per il pubblico e lo metteva a 70 mila per il privato non è passato. Curiosamente, mancava il parere del ministero della Giustizia. Mai arrivato. Il governo si impegna a ripristinare la norma. Ma si teme uno strano protagonismo della neonata Commissione sulla sicurezza, voluta dal ministero della Giustizia, e presieduta dal viceministro di Forza Italia Francesco Paolo Sisto. In quel contenitore il governo, con ogni probabilità, proverà a giocarsi uno scambio indicibile: meno reati sulla sicurezza, sanzioni amministrative più alte. L’aveva detto Nordio: «Il reato di omicidio sul lavoro non serve ». Ci siamo. Un altro tiro di dadi.